La stessa quantità di corrente che viene consumata dagli apparecchi elettrici in funzione a bordo dovrà in qualche modo essere fornita alle batterie per evitare che queste si scarichino completamente.
Per ricaricare una batteria al piombo ed elettrolita da 12 Volt, dobbiamo applicare ai suoi poli una tensione compresa circa tra 14.4V e 14.7V. Questo assicura una ricarica completa (cioè vicina al 100% della capacità nominale della batteria) in tempi abbastanza rapidi.
Quando la batteria è completamente carica, bisognerà portare la tensione applicata a 13.8 Volt, per evitare danni da surriscaldamento alla batteria stessa. La tensione di 13.8 Volt non aumenta ulteriormente la carica della batteria, ma si limita semplicemente ad evitare che questa possa perdere parte dell’energia accumulata anche se non sottoposta a nessun carico. Le batterie al piombo sono infatti soggette ad un fenomeno detto autoscarica, che ne causa un lento, ma progressivo scaricamento.
Ma non sempre i dispositivi deputati alla ricarica delle nostre batterie sono così sofisticati da applicare queste strategie di ricarica.
Badate bene: una batteria si caricherà ugualmente anche se gli viene applicata una tensione di 14 Volt. Solo che lo farà più lentamente ed in modo incompleto, cosicché al termine del processo di ricarica ci troveremo con la batteria all’80% invece che al 100%
Ricarica con il motore della barca.
Per ricaricare una batteria al piombo ed elettrolita da 12 Volt, dobbiamo applicare ai suoi poli una tensione compresa circa tra 14.4V e 14.7V. Questo assicura una ricarica completa (cioè vicina al 100% della capacità nominale della batteria) in tempi abbastanza rapidi.
Quando la batteria è completamente carica, bisognerà portare la tensione applicata a 13.8 Volt, per evitare danni da surriscaldamento alla batteria stessa. La tensione di 13.8 Volt non aumenta ulteriormente la carica della batteria, ma si limita semplicemente ad evitare che questa possa perdere parte dell’energia accumulata anche se non sottoposta a nessun carico. Le batterie al piombo sono infatti soggette ad un fenomeno detto autoscarica, che ne causa un lento, ma progressivo scaricamento.
Ma non sempre i dispositivi deputati alla ricarica delle nostre batterie sono così sofisticati da applicare queste strategie di ricarica.
Badate bene: una batteria si caricherà ugualmente anche se gli viene applicata una tensione di 14 Volt. Solo che lo farà più lentamente ed in modo incompleto, cosicché al termine del processo di ricarica ci troveremo con la batteria all’80% invece che al 100%
Ricarica con il motore della barca.
Il modo più semplice e più utilizzato per ricaricare le batterie quando non siamo in porto è quello di far girare il motore e con esso l’alternatore.
L’alternatore non è altro che un generatore di corrente. La corrente generata dall’alternatore non è direttamente utilizzabile per caricare le batterie, ma deve essere prima trasformata in corrente continua e portata ad una tensione stabile e compatibile con la ricarica (i famosi 14.7 Volt).
Il regolatore di tensione è un congegno elettronico che di solito è parte integrante dell’alternatore stesso e svolge proprio questo compito.
Normalmente i regolatori montati sugli alternatori non sono apparecchiature elettroniche molto sofisticate e quindi producono una sola tensione in uscita che, per evitare di danneggiare la batteria quando è già completamente carica, solitamente è un po’ più bassa di 14.7V. Diciamo 14.3 – 14.4
Per quanto detto in precedenza, già si capisce che un alternatore non potrà mai caricare una batteria al 100%. Poco male per chi costruisce alternatori, infatti questi sono pensati per caricare batterie su mezzi che usano prevalentemente il motore (tipicamente autoveicoli) e quindi non è un problema se le batterie arrivano al massimo all’80-85% di carica.
Ma per noi velisti quel 20% in più è importante.
Come se non bastasse, molte barche sono dotate di un ulteriore dispositivo elettronico chiamato ripartitore di carica, che viene installato a valle del regolatore di tensione ed ha il compito di suddividere la carica tra gruppi diversi di batterie (per esempio la batteria dei servizi e quella per l’avvio del motore), dirottando più corrente verso la batteria più scarica e meno sull’altra.
L’idea di per sé sarebbe geniale, se non fosse che questo ripartitore di carica provoca una piccola caduta di tensione ai morsetti della batteria, dell’ordine di qualche decimo di Volt, ma sufficiente a ridurre ulteriormente la capacità di ricaricarsi delle nostre batterie.
Ecco che quindi la ricarica delle batterie per mezzo dell’alternatore è sconsigliato.
Non solo per il fatto che costringiamo il nostro povero motore a girare e a consumarsi quasi inutilmente, ma anche perché questo metodo non ci consente una carica completa.
Il metodo funziona discretamente bene quando la batteria è molto scarica, ma perde in efficienza via via che la carica aumenta. Quando la batteria è vicina al 70% della sua capacità nominale, la corrente che l’alternatore riesce ad inviare è davvero bassa: soltanto pochi Ampere. Lo potete facilmente verificare anche voi utilizzando una semplice pinza amperometrica sul filo che dall’alternatore va alla batteria.
Morale: se volete proprio continuare ad utilizzare l’alternatore, è inutile (o quasi) acquistarne uno più potente (i 60-70 Ampere dei più comuni alternatori bastano ed avanzano). Sarebbe molto più vantaggioso sostituire il ripartitore di carica con un classico switch manuale (un interruttore che consente di selezionare manualmente quale batteria ricaricare) oppure installare un regolatore di tensione più sofisticato che compensa le varie cadute di tensione e provvede a fornire alle batterie la giusta tensione di ricarica utilizzando algoritmi sofisticati.
L’alternatore non è altro che un generatore di corrente. La corrente generata dall’alternatore non è direttamente utilizzabile per caricare le batterie, ma deve essere prima trasformata in corrente continua e portata ad una tensione stabile e compatibile con la ricarica (i famosi 14.7 Volt).
Il regolatore di tensione è un congegno elettronico che di solito è parte integrante dell’alternatore stesso e svolge proprio questo compito.
Normalmente i regolatori montati sugli alternatori non sono apparecchiature elettroniche molto sofisticate e quindi producono una sola tensione in uscita che, per evitare di danneggiare la batteria quando è già completamente carica, solitamente è un po’ più bassa di 14.7V. Diciamo 14.3 – 14.4
Per quanto detto in precedenza, già si capisce che un alternatore non potrà mai caricare una batteria al 100%. Poco male per chi costruisce alternatori, infatti questi sono pensati per caricare batterie su mezzi che usano prevalentemente il motore (tipicamente autoveicoli) e quindi non è un problema se le batterie arrivano al massimo all’80-85% di carica.
Ma per noi velisti quel 20% in più è importante.
Come se non bastasse, molte barche sono dotate di un ulteriore dispositivo elettronico chiamato ripartitore di carica, che viene installato a valle del regolatore di tensione ed ha il compito di suddividere la carica tra gruppi diversi di batterie (per esempio la batteria dei servizi e quella per l’avvio del motore), dirottando più corrente verso la batteria più scarica e meno sull’altra.
L’idea di per sé sarebbe geniale, se non fosse che questo ripartitore di carica provoca una piccola caduta di tensione ai morsetti della batteria, dell’ordine di qualche decimo di Volt, ma sufficiente a ridurre ulteriormente la capacità di ricaricarsi delle nostre batterie.
Ecco che quindi la ricarica delle batterie per mezzo dell’alternatore è sconsigliato.
Non solo per il fatto che costringiamo il nostro povero motore a girare e a consumarsi quasi inutilmente, ma anche perché questo metodo non ci consente una carica completa.
Il metodo funziona discretamente bene quando la batteria è molto scarica, ma perde in efficienza via via che la carica aumenta. Quando la batteria è vicina al 70% della sua capacità nominale, la corrente che l’alternatore riesce ad inviare è davvero bassa: soltanto pochi Ampere. Lo potete facilmente verificare anche voi utilizzando una semplice pinza amperometrica sul filo che dall’alternatore va alla batteria.
Morale: se volete proprio continuare ad utilizzare l’alternatore, è inutile (o quasi) acquistarne uno più potente (i 60-70 Ampere dei più comuni alternatori bastano ed avanzano). Sarebbe molto più vantaggioso sostituire il ripartitore di carica con un classico switch manuale (un interruttore che consente di selezionare manualmente quale batteria ricaricare) oppure installare un regolatore di tensione più sofisticato che compensa le varie cadute di tensione e provvede a fornire alle batterie la giusta tensione di ricarica utilizzando algoritmi sofisticati.
Alternator To Battery Charger.
L’installazione di un cosiddetto “Alternator To Battery Charger” arriva anche a dimezzare i tempi di ricarica delle batterie, senza necessità di sostituire l'alternatore ed evitando che l'entrobordo si usuri inutilmente.
Il generatore elettrico.
Senza considerare quelli installati fissi a bordo, prerogativa di barche da una certa dimensione in su, in commercio se ne trovano di tutti i tipi e per tutte le tasche. Sui 1000 euro, ma anche meno, si possono trovare dei generatori da 1 – 1.5 KW con motori a quattro tempi, abbastanza silenziosi e parchi nei consumi.
Ma esistono anche a meno di 100 euro dei generatori made in China da 600-800W con motori a due tempi, che fanno comunque il loro lavoro.
Tenete presente che se l’utilizzo del generatore è finalizzato alla sola ricarica delle batterie, un modello da 600W è più che sufficiente.
Se avete a bordo un carica batterie da banchina, la cosa migliore è attaccare l’uscita a 220V del generatore direttamente alla presa 220V della barca. In questo modo la circuiteria elettronica del vostro carica batterie provvederà a ricaricare ottimamente le batterie ad esso collegate.
Diversamente, assicuratevi che l’uscita a 12V del generatore (presente su quasi tutti i modelli in commercio, anche quelli cinesi!) sia direttamente utilizzabile per la ricarica (vedi sopra). Altrimenti anche in questo caso dovrete dotarvi di un regolatore di tensione adatto.
Il generatore è abbastanza pratico ed offre corrente a volontà. Io stesso ho provato un’estate ad utilizzarne uno cinese pagato 80 euro all’ipermercato, ed ha svolto il suo compito egregiamente.
Gli unici inconvenienti sono legati al rumore (odio far rumore quando sono in rada e non mi sono simpatici quelli che lo fanno), al consumo di benzina, benché quasi irrisorio (mezzo litro per ogni ora di funzionamento, nel mio caso) ed all’inquinamento prodotto (siamo o non siamo velisti ecologici?)
Morale: dopo un’estate l’ho messo in cantina.
Generatore eolico.
Un generatore eolico può essere un modo molto efficiente per ricaricare le batterie, a patto però che il
vento soffi almeno a 13-15 nodi. I generatori eolici per uso nautico sono parecchi e nelle pubblicità molti vantano produzioni di corrente elevatissime, giurando di generare 40-50 Ampere (corrispondenti a 500 Watt di potenza generata).
Tutto vero, naturalmente. Ma vi consiglio, prima di procedere all’acquisto, di dare un’occhiata al grafico della produzione di corrente in funzione dell’intensità del vento. Spesso infatti avrete amare sorprese e vi accorgerete che sotto i 10 nodi di vento la corrente prodotta è davvero irrisoria (1-2 Ampere) e per arrivare a correnti intorno ai 5 Ampere bisogna contare su un vento di 15-20 nodi.
E questo vento non è così facile trovarlo nei mesi estivi nei nostri mari.
Oltretutto il difetto dei generatori eolici è che quando c’è vento (cioè proprio quando servono) sono abbastanza rumorosi.
Un generatore eolico silenzioso: Silentwind
Il fotovoltaico
L’ho tenuta per ultima perché è quella che preferisco: è ecologica, adatta alle nostre condizioni climatiche estive e, nel mio caso, mi ha dato molte soddisfazioni, consentendomi nelle ultime due estati di raggiungere la tanto desiderata autonomia energetica a bordo.
Con un solo pannello fotovoltaico da 85W riesco infatti a sopperire praticamente alla totalità dei consumi, potendo così restare in rada anche per una settimana di fila senza mai accendere il motore.
A patto che ci sia il sole, naturalmente, ma questo in luglio-agosto non dovrebbe essere un problema.
Per approfondire: Il pannello fotovoltaico in barca